Quando un uomo e una donna si uniscono per formare una famiglia nasce spontaneo il desiderio di “completarsi” con la presenza di un bambino. Nella maggior parte dei casi si dà quasi per scontato che prima o poi un figlio arriverà, tuttavia non è sempre così. Qualche volta il percorso per avere un figlio è infatti molto complesso e tortuoso: dopo anni di tentativi si può scoprire di essere di fronte ad un problema di sterilità (impossibilità a concepire) o di infertilità (impossibilità nel portare a termine una gravidanza). Si tentano tutte le possibili cure e si riaccendono le speranze; ma non sempre si raggiunge l’esito tanto atteso e si aggiungono nuovi vissuti frustranti e dolorosi. Senza dimenticare che spesso la risposta medica porta con sé un’aggiunta di complicanza e di fatica emotiva: la coppia si sente “invasa” nella propria sfera intima, nel corpo, nella mente e nell’anima e anche tutto questo è fonte di grande stress e malessere.
La mancanza di un figlio evoca un mondo di emozioni e di vissuti profondi: è una ferita che colpisce l’identità personale e quella della coppia. I sentimenti sperimentati sono molteplici: dalla rabbia, alla sensazione di vuoto e di inutilità, dallo stupore e dolore al senso di incompiutezza, dalla svalutazione del sé al senso di colpa, dalla vergogna al senso di profondo fallimento.
Si tratta di un dolore paragonabile alla perdita di una persona cara ed è per questo che si parla di vero e proprio lutto con l’aggravante che, se di solito il tempo che passa allevia le ferite, nel caso della mancanza di un figlio il dolore è ciclico, ovvero si ripresenta di continuo, mese dopo mese. Infatti l’attesa di un figlio è un’esperienza che può durare mesi o anche anni.
Il desiderio di procreare appartiene ad entrambi i sessi, ma spesso è la donna che vive ancor più intensamente la situazione di infecondità a causa delle evidenti implicazioni fisiche e psicologiche.
La stessa coppia può andare incontro a momenti di crisi e di destabilizzazione del proprio rapporto: senza l’elemento procreativo la propria unione sembra perdere di significato, almeno in alcune fasi di questa esperienza.
Cosa fare dunque?
Come ogni esperienza dolorosa anche questa ha bisogno di un tempo, di uno spazio in cui poter esprimere tutte le emozioni che vi sono collegate, di un contesto in cui poter legittimare quei sentimenti di malessere sopra accennati.
Elaborare significa riconoscere, accogliere, accettare, esprimere, dare un significato. Non è un lavoro banale, ma un passaggio che richiede introspezione e apertura, una messa in gioco di sé stessi e della coppia non indifferente.
L’evitamento, la negazione e il non riconoscimento del problema sono strategie spesso spontanee e immediate ma non utili, anzi contrarie al processo elaborativo.
Giungere ad una scelta adottiva senza aver elaborato il proprio lutto può essere pericoloso per un’accoglienza corretta e autentica. Se nella mente dei genitori è ancora presente l’immagine di un figlio idealizzato, se si è legati all’idea di un bambino che con la sola sua presenza è in grado di “curare” dei genitori feriti a causa della mancanza di un figlio biologico, si corre un grande rischio: su quel bambino si riporranno infatti aspettative inconsce che presto saranno destinate ad essere deluse perché siamo noi adulti a doverci prendere cura dei suoi traumi e non il contrario.
Per essere pronti ad accogliere un figlio attraverso l’adozione è dunque fondamentale preparare un terreno emotivo sgombro da ogni vissuto doloroso inelaborato, vissuto che può divenire “tossico” per la nuova relazione.
Nell’esperienza umana nessuno è esente da problemi e da difficoltà, da delusioni e frustrazioni anche pesanti: non serve evitare o nascondere o tacere, ma è più utile affrontare con coraggio quanto la vita ci sta riservando. Solo così si potrà trovare una risposta efficace per gestire una fase di vita difficile e la possibilità di trasformare anche un lutto in una nuova possibilità evolutiva.
A chi si trova in questo momento delicato il consiglio è dunque quello di concedere uno spazio al proprio dolore, magari anche chiedendo un aiuto a figure competenti che possono aiutare il processo elaborativo: da una ferita trascurata se ne ricava sempre un dolore che si risveglia e che si perpetua nel tempo, ma da una ferita ben curata può nascere la vita, un benessere duraturo ed evolutivo, una nuova forza da spendere nel mondo.
Dott.ssa Maria Elisabetta Rigobello
Psicologa e Psicoterapeuta